Il percorso dell’anima partecipe del divino

Nelle sculture di Elio Talon é lo scorrere dell’acqua, imperituro e perpetuo, un fluire ancestrale in sé autorigenerantesi che rimanda alla vita, fonte alchemica di forze remote mai sopite. La materia si fa verbo, irrompe nello spazio e lo conquista con la levità del tocco, delle linee scabre, sobrie ed eleganti. È l’armonia del movimento intrinseco che protende verso dimensioni arcane, espressione del sovrapersonale e dell’universale.
L’energia creativa dell’artista è suggestione in divenire, pregna di simbolismi colti e raffinati. Un’aulicità demiurgica permea l’essenzialità opulenta delle silhouettes slanciate, pars pro toto di un metalinguaggio figurativo atto a restaurare l’unitarietà dell’esperienza umana. La primordialità delle forme ne esalta la sacralità, configurando un tempo mitico, ciclico, non lineare e dinamico.
Nella cultura odierna, caratterizzata dalla frammentazione dei sensi e dei significati e dalla sparizione del tempo mediante la compressione, la ricerca umana ed artistica di Elio Talon, non diversamente da quella proustiana, appare - al presente come al futuro - un agente essenziale nella costruzione dei ponti tra l’universale e l’Io in quanto coscienza di sé e del proprio mondo.

La ricerca si fa percorso dell’anima.

È mistica permeata di spiritualità sciamanica. Il sentimento religioso non va inteso in senso fideistico e dogmatico. È ancestrale partecipazione magica: è l’angoscia e lo spavento, lo sbalordimento animistico, l’enigma, l’estasi della sessualità.

È l’anabasi, sebbene discesa, ma discesa in una dimensione edenica, congiunzione con la natura, la sua ciclicità e fisicità. La danza rimanda ai culti eleusini e dionisiaci riletti in chiave panica.
L’ebrezza  delle menadi  e delle danzatrici è estatica, mai furente.
Armoniose sono la possanza fisica e la vigoria dei danzatori. L’archetipo dionisiaco restituisce alla figura femminile la sua dignità, la sua valenza nel desiderio di conciliazione tra il dionisiaco e l’apollineo.
La Dea piumata rimanda al culto del femminile legato alle acque e alla rigenerazione (bianco era il colore della metamorfosi). Ed ecco dunque apparire senza soluzione di continuità le vergini, le madri, le maghe, le capostipiti compagne di questa dimensione.

È il seguire la voce dei maestri, percorrere una via. Le Dakini sono angeli della luce declinati al femminile. Figure danzanti alate della cultura orientale tibetana, indicano il cammino ed incarnano la dimensione angelica del potere spirituale femminile. Emerge la funzione ermetica della figura mercuriale, che aiuta a valicare la soglia, a passare da una dimensione all’altra. All’interno di questo percorso di ricerca formale e sostanziale della luce si giunge ad un incorporeo, a una levità, a un contrasto risolto tra pesantezza della materia e levità quasi eterica della piuma, risonante teogonia epifanica, come responsi oracolari della Pizia delfica.

 

Maria Cristina Beltrani

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The path of the soul participates in the divine

In Elio Talon’s sculptures the undying, perpetual flowing of water is an ancestral flow which regenerates itself, a reference to life, the alchemic source of remote, unsuppressed forces. Matter becomes word, breaks into space and conquers it with the levity of touch, of terse, sober, elegant lines. It is the intrinsic harmony of motion stretching into arcane dimensions, an expression of the super-personal, of the universal.
The artist’s creative energy is evocativeness in the process of becoming, pregnant with refined, cultivated symbolism. A demiurgical stateliness permeates the opulent simplicity of his slender silhouettes,
pars pro toto of a figurative metalanguage that restores the unitary nature of human experience. The primordial nature of his forms enhances their sacrality, giving them a mythical, cyclical, non-linear, dynamic form.
In today’s culture, characterised by fragmentation of the senses and meanings and the disappearance of time through compression, Elio Talon’s human and artistic work, rather like that of Proust, appears – in the present as in the future – to be an essential agent casting bridges between the universal and the self, in the form of awareness of oneself and one’s world.

Study is the path taken by the soul.

It is mysticism permeated with shamanic spirituality. Religious sentiment should not be viewed in a fideistic, dogmatic sense. It is ancestral magic participation: it is anxiety and fear, animistic bewilderment, enigma, the ecstasy of sexuality.

It is anabasis, though descended, descended in a paradisiacal dimension, conjunction with nature, its cyclic character, its physicality. Dance is a Panic re-reading of the Eleusinian and Dionysian cults.
The drunkenness of the maenads and the dancers is ecstatic, never furious.
The dancers’ physical strength and vigour are harmonious. The Dionysian archetype restores the female figure’s dignity, its worth in the desire for reconciliation of the Dionysian and the Apollonian.
The Feathered Goddess is a reference to the cult of femininity linked with waters and regeneration (white was the colour of metamorphosis). And so we see a continuous parade of virgins, mothers, sorceresses, the ancestors and companions of this dimension.

It is following the voice of the masters, travelling a path. The Dakini are angels of light in feminine form; dancing winged figures from the Tibetan tradition, showing us the way and incarnating the angelic dimension of women’s spiritual power. And so the hermetic function of the figure of Mercury appears, helping us to cross the threshold, pass from one dimension to another. On this path of study of the form and substance of light we reach a state of incorporeality, of levity, a resolution of the contrast between the heaviness of matter and the almost ethereal lightness of feathers, a resonant epiphanic theogony like the oracular responses of the Delphic Pythia.

 

Maria Cristina Beltrani